martedì 5 novembre 2013

ITALIA. METROPOLI VIOLENTE. DE CAROLIS, GENOVESE, LUPINO, La Quarto Oggiaro di Gianni Biondillo, LA STAMPA, 5 novembre 2013

È noto come "il posto dove ci si ammazza" ma dove non regna l'omertà, assicura lo scrittore che qui ambienta i suoi romanzi noir



NICCOLO' DE CAROLIS - VINCENZO GENOVESE - ENRICO LUPINO (MAGZINE)

La folla di giornalisti e cameraman davanti al circolo privato “Eureka” di via Pascarella cresce con il passare dei minuti: proprio da qui, nella serata di mercoledì scorso, è uscito Pasquale Tatone prima di essere stato stroncato a colpi di fucile a pallettoni e di accasciarsi sui sedili della sua Ford Fiesta.

Sulla strada, sede del mercato rionale di Quarto Oggiaro, restano i segni dell’omicidio e del lutto: vetri, fiori, biglietti. I pochi passanti del giorno dopo, assediati dai cronisti, non hanno nessuna voglia di commentare l’accaduto, né sembrano troppo interessati a possibili vendette e ulteriori spargimenti di sangue. Chi entra nel circolo pensa a tenere lontane le videocamere, restìo a rilasciare dichiarazioni.

Gianni Biondillo, scrittore nato e cresciuto in questo quartiere, ha ambientato a Quarto i suoi volumi Per cosa si uccide, Con la morte nel cuore: «Dopo trent’anni di controllo, anche in seguito agli arresti che hanno mutilato il clan, i Tatone stanno cedendo il campo e si sta creando un vuoto di potere nella zona. È certo che i mandanti dell’omicidio, chiunque essi siano, abbiano interesse a mettere fuorigioco la famiglia casertana».

Pur non sbilanciandosi su possibili faide di quartiere, Biondillo inquadra la situazione: «Può essere che la responsabilità sia dei Carvelli o dei Crisafulli, le altre famiglie importanti di Quarto Oggiaro: non lo so, non sono un inquirente. La famiglia Tatone controllava il territorio ma non aveva grandi radicazioni alle spalle: ci sono clan più grossi e organizzati. Probabilmente si tratta della tessera mancante nel mosaico della criminalità milanese. Se così fosse, l’attacco ai Tatone farebbe parte di un processo che dura da molti anni e porta al consolidamento della malavita organizzata in città, con l’aumento di potere delle famiglie calabresi».

Sta di fatto che l’attenzione mediatica cade sul quartiere solo quando si parla di cronaca nera: «Quarto Oggiaro viene troppo spesso ghettizzata ed è vittima dei soliti luoghi comuni. Le telecamere si accendono e i giornalisti piombano come mosche quando c’è un omicidio, per poi disinteressarsi completamente della zona e dei suoi reali problemi. Nessuno parla delle associazioni che ci sono in questa periferia, a nessuno interessa la lotta quotidiana contro droga e microcriminalità. Quarto Oggiaro è per tutti “il posto dove ci si ammazza”».

Un altro tema caro allo scrittore è quello del distacco fra cittadinanza e malavita: «A Quarto Oggiaro non c’è omertà. Se le persone vi dicono che non sanno nulla e non se ne interessano, la maggior parte delle volte dicono il vero. Può realmente capitare di vivere in due mondi paralleli pur abitando a pochi passi di distanza dai luoghi dello spaccio o del malaffare. Ricordo che un giorno mia madre, uscita per fare la spesa, incontrò una signora piena di gioielli e le chiese se non avesse paura ad aggirarsi così agghindata per le strade. Era Rosa Famiano, per tutti “Nonna eroina”, madre dei Tatone, solo che lei non lo sapeva. Posso dire che ai miei tempi, mi sentivo relativamente sicuro ad uscire per Quarto Oggiaro. Certo, mancava ancora un commissariato di polizia e si cercava di evitare persone poco raccomandabili, come è nella logica di ogni zona. Vi assicuro che il 99% degli abitanti del quartiere è onesto e alieno alla criminalità».

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