martedì 25 ottobre 2011

Da un altro punto di vista COLOMBIA DESAI P., Il diritto alla terra prende voce, Il manifesto, 25 ottobre 2011

La home page apre con una raffica di notizie che difficilmente troverete sui grandi mezzi di comunicazione. Un video della protesta avvenuta giorni fa in Colombia contro una centrale idroelettrica a El Quimbo. Una testimonianza sullo sgombero forzato della popolazione contadina e indigena nella valle del Polochic in Guatemala.



Un servizio su un attivista rurale ucciso in Ecuador. Un reportage filmato su occupazioni di terre promosse dal movimento dei Sem Terra nel Rio Grande do Sul, Brasile. Un altro reportage dalla regione di Atacama, in Cile, sull'impatto delle attività minerarie di Barrick Gold. E avanti così: interviste, testimonianze, dirette radiofoniche, video. Il diritto alla terra «oggi è il principale terreno di scontro sociale e politico in America Latina», dice Ignacio Cirio, giornalista uruguayano, redattore di Radio Mundo Real (www.radiomundoreal.fm) una impresa comunicativa che si occupa appunto della terra e dei suoi protagonisti. Radio Mundo Real è un progetto di comunicazione alternativa veicolato da internet. Ha sede in Uruguay, ma copre l'intero continente latinoamericano e parla in tre lingue (spagnolo, portoghese, inglese). Nato nel 2003, il progetto è sponsorizzato dall'organizzazione ambientalista Amigos de la Tierra dell'America Latina e Caraibi e collabora («un'alleanza strategica») con forze sociali come quelle della rete Via Campesina. Con una équipe di 9 persone e un gran giro di collaboratori, produce servizi e programmi in diretta consultabili sul web, e non solo. «È soprattutto un media da usare. I programmi possono essere scaricati e diffusi con altri mezzi, blog o radio comunitarie», spiega Cirio: «La radio resta il mezzo di comunicazione più importante nelle regioni rurali del continente, in particolare le radio locali: le grandi emittenti nazionali non riescono a rappresentare il mondo rurale, né gli aprono i microfoni».
Molti dei servizi messi in rete in questi giorni viene da Roma, dove il Comitato per la sicurezza alimentare, con sede presso la Fao, ha riunito rappresentanti di governi e della «società civile» globale. In gioco è un documento di «Linee guida» sulla gestione della terra, le risorse di pesca e le foreste: un insieme di criteri di governance a salvaguardia del diritto di accesso alle risorse naturali da parte di piccoli agricoltori, popolazioni indigene, comunita nomadi (questa rubrica ne ha riferito il 12 e il 20 ottobre). Su Radio Mundo Real ascoltiamo ad esempio Sofía Monsalve, avvocata e negoziatrice in rappresentanza della rete Fian (FoodFirst Information and Action Network), dichiarare che il tema della redistribuzione della terra è tornato all'ordine del giorno, «la parola riforma agraria non è più un tabù, dopo decenni in cui la vulgata ufficiale era che il libero mercato della terra avrebbe portato sviluppo e risolto il problema della povertà».
Non è più un tabù, la redistribuzione della terra - ma resta oggetto conteso. Il prossimo round di negoziati presso la Fao, di qui a pochi mesi, riguarderà lo statuto degli investimenti in agricoltura, dove l'entrata in scena di gruppi finanziari e agro-industriali che si accaparrano grandi estensioni di terre entra in conflitto con il diritto della popolazioni locali, i piccoli produttori, o le comunità indigene a disporre delle risorse naturali. «È la questione politicamente più rilevante oggi», insiste Ignacio Cirio: «La pressione sulla terra è enorme: l'espansione di grandi progetti agro-industriali o di miniere porta a espellere dalla terra intere comunità. Ma queste resistono. E le rivendicazioni del mondo rurale sono entrate anche in quello urbano, sotto forma di questioni sulla qualità ambientale, la disponibilità d'acqua, il clima, il lavoro». Il mondo rurale «sta riprendendo voce».

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